Prologo ~ Lady Jessica Bark

carrozza

 

 

 

“Che giornata meravigliosa!”,  pensò Jessica al risveglio.

Finalmente osservare il giardino privo d’ornamenti e le torri di pietra grigia che la circondavano non le dava più una sensazione di soffocamento: non avrebbe più rivisto quel tetro spettacolo. Per non parlare della stanza spoglia, della mancanza di una biblioteca decente e della compagnia di persone intellettualmente stimolanti. Pareva che l’unico interesse delle sue compagne di studi fosse quello di combinare un buon matrimonio: a volte le sembrava di parlare con la madre mentre si confrontava con loro.

Quel giorno sarebbe finalmente tornata a casa dal collegio nel quale era stata rinchiusa per tre anni. I suoi genitori avevano ritenuto opportuno che a suo fratello maggiore fosse concesso di restare a casa a studiare con un istitutore. Visto che egli avrebbe ereditato il titolo del padre, la casa e le terre, era più consono che studiasse e si formasse direttamente nella tenuta; mentre per lei, che avrebbe dovuto organizzare un buon matrimonio, a quindici anni si erano aperte le porte del collegio. Avrebbe desiderato frequentare lo stesso istituto della sua migliore amica, ma sua madre aveva deciso di dividerle, diceva che altrimenti non avrebbe socializzato con altre giovani.

La struttura era immersa nella desolazione più totale. Non vi erano nelle vicinanze piccoli paesi o divertimenti e, conoscendo l’attitudine di Jessica a non rispettare l’etichetta, sua madre si era così assicurata che non si potesse concedere svaghi poco consoni a una giovane lady. L’istituto era considerato uno dei migliori, anche se Jessica, la cui mente era sempre attiva, lo aveva trovato mortalmente noioso. Tranne francese, storia e geografia non avevano fatto altro che bombardarla di lezioni sulle buone maniere, su come allevare i figli, gestire la servitù, dare un ricevimento indimenticabile, ballare, andare a cavallo con grazia, intrattenere una conversazione garbata. Non avevano neppure trascurato la spiegazione su come gestire un carnet di ballo per il debutto in società.

Jessica in realtà non avrebbe avuto un vero e proprio debutto in società, perché  avrebbe varcato le porte della città di Londra da sposata. Glielo aveva comunicato sua madre, con la solita gelida compostezza, spiegandole che avevano accettato la proposta di un loro vicino per le prospettive future e la contiguità alla famiglia. La sua vena combattiva voleva ribellarsi a quell’imposizione: era inaccettabile per lei non avere la possibilità di vivere la sua prima stagione, godere delle sensazioni del corteggiamento, ma c’era un motivo se aveva accettato silenziosamente, ed era il suo futuro sposo.

Michael, il futuro conte di Crawford.

Sin da bambina Jessica era stata la migliore amica della timida Abygaile, sorella minore di Michael e sua coetanea. Michael, a differenza del fratello Archie, aveva sempre tempo per Abby e giocava spesso con loro. Una volta cresciute, le aveva portate a fare lunghe passeggiate a cavallo e Jessica era consapevole che l’ammirazione si era trasformata in altro. Michael aveva compiuto diciotto anni poco prima della sua partenza per il collegio: era diventato un uomo e lei ne era totalmente affascinata.

Per un certo periodo aveva temuto che durante la sua assenza avesse potuto conoscere qualche ragazza, specialmente quando era tornata a casa per le vacanze di Natale e non  aveva visto né lui né Abby. A peggiorare le sue paure, durante la primavera, le erano state recapitate indietro tutte le lettere che aveva spedito al collegio di Abby, ma quando era arrivata quella di sua madre aveva capito. Probabilmente era stato vietato all’amica di scriverle, onde evitare che involontariamente divulgasse qualche dettaglio sulla proposta di suo fratello. Non aveva dubbi, Michael era l’unico vicino che conosceva bene, che aveva avuto modo di notarla e vederla crescere.

Quando la cameriera che l’aveva accompagnata al collegio bussò alla sua porta per portarle l’abito acquistato appositamente per il suo rientro a casa, era un fascio di nervi.

«Poggialo pure lì, Mariette», disse distrattamente alla domestica mentre iniziava a sfilarsi la camicia da notte.

«Mi auguro che vostra madre non abbia da ridire con me, lady Baker», fu il liberatorio commento di Mariette.

Nel collegio era vietato “agghindarsi”, parola che Miss Settlemore, la direttrice, amava ripetere. Tutti i suoi bei vestiti erano stati rispediti a casa e le era stata imposta una castissima divisa nei toni del bianco e del tortora, rigorosamente a collo alto anche d’estate. Avrebbe voluto vedere la reazione di sua madre quando tutti i vestiti erano tornati al mittente, non era stato risparmiato nulla, neppure un corsetto, soprattutto per lei. Jessica, infatti, era la più bersagliata da Miss Settlemore: doveva passare inosservata il più possibile poiché le sue forme generose, secondo la severa direttrice zitella, inducevano in tentazione. Addirittura, durante una lezione di portamento, era arrivata a dirle che, se non fosse stato disdicevole per una lady del suo rango, avrebbe potuto assumere una postura inclinata per mascherare il suo seno troppo abbondante.

Mariette tirò furi l’abito dalla sacca e Jessica seppe con assoluta certezza che sua madre non avrebbe apprezzato, d’altro canto non apprezzava neppure lei. Il vestito era di un orrendo color fanghiglia, con il collo alto e rigido, senza nessuna rifinitura particolare, neppure un fiocco a segnare il girovita. Il tessuto, seppur di apparente bellezza, al tatto era grezzo. Sembrava solo un costoso sacco per le patate. Oltretutto non esaltava minimamente il suo aspetto, la sua pelle avorio, i lunghi capelli neri come il carbone e i suoi scintillanti occhi blu sembravano spegnersi, accostati a quella tinta deprimente. D’altra parte, anche se sua madre aveva scritto appositamente per richiedere che Jessica uscisse dal collegio con un abito degno della sua condizione sociale e non con una divisa, era ovvio che la direttrice avrebbe obbligato Mariette ad acquistare qualcosa di rigorosamente squallido.

«Hai ragione, Mariette, è orrendo», fu l’immediato commento di Jessica, ma vedendo lo sconforto dipingersi sul viso della domestica proseguì. «Non ti preoccupare, dirò a mia madre che l’ha scelto la direttrice, rifiutandosi di accettare le sue direttive e impedendoti di eseguire gli ordini».

A quelle parole il colorito della domestica tornò normale.

Le compagne si erano tutte radunate per salutarla e farle i migliori auguri e, dopo un’ora di abbracci e incoraggiamenti sul futuro, finalmente Jessica stava per salire sulla carrozza che l’avrebbe condotta a casa. Il viaggio non sarebbe stato lungo, ma Jessica non stava nella pelle all’idea di rivedere Michael, se avesse potuto avrebbe contato ogni giro di ruota. Non volle nemmeno fermarsi in una locanda per il pranzo, accontentandosi di piluccare la merenda fornita dal collegio. Erano alle porte dell’autunno e le giornate si stavano accorciando, Jessica ci teneva a essere a casa prima del tramonto, desiderava  cambiarsi per la cena e soprattutto voleva essere presentabile per Michael. Ogni fruscio della leggera mantella che portava le ricordava l’orrore dell’abito che celava.

Quando dal finestrino della carrozza intravide in lontananza i cancelli della tenuta, non riuscendo più a trattenersi, decise di prendere un cavallo e precedere la carrozza da sola. Sua madre di certo non avrebbe apprezzato, ma lei non sarebbe riuscita a stare seduta un secondo di più, dopotutto era una lady di campagna: l’inizio della nuova stagione e delle buone maniere era ancora lontana qualche mese.

Appena fu fuori dalla portata delle raccomandazioni di Mariette, spinse il povero cavallo al galoppo. La campagna intorno alla proprietà stava iniziando a tingersi d’oro e il vento profumava d’erba e pulito, l’aria era frizzante e cristallina, e il sole che stava tramontando proiettava la sua aura rossastra. Jessica amava la sensazione del vento sul viso, andare a cavallo era liberatorio.

Varcò i cancelli come una furia e si diresse nelle scuderie sul retro, con la speranza che l’entrata trionfale fosse sfuggita all’arcigno occhio della madre. Quando si fermò di fronte alla stalla e vide chi le stava venendo incontro, il suo cuore perse un battito. Era cresciuto, era diventato un vero uomo e, in maniche di camicia, senza essere agghindato come un damerino, i muscoli possenti delle braccia e le spalle larghe risaltavano a ogni passo.

Michael.

Il suo amico d’infanzia, ben diverso da Archie nell’etichetta, aveva deciso di accoglierla comunque alla loro maniera. Sembrava che Michael avesse passato l’estate a razzolare nei campi e divertirsi, al contrario di lei che era stata in quell’orribile collegio. La sua carnagione era leggermente ambrata e gli occhi azzurri risaltavano infinitamente, i suoi meravigliosi capelli biondi rilucevano come oro. Li aveva raccolti in un ordinato codino sulla nuca, ma qualche ciuffo ribelle era sfuggito.

Jessica era senza fiato, ma non seppe trattenersi e d’istinto buttò le braccia al collo al vecchio amico. Nonostante l’imbarazzo, la confidenza che c’era tra loro sin da bambini la spinse tra le sue braccia con naturalezza.

«Sono così felice di rivederti», sussurrò all’orecchio di Michael.

Con sua sorpresa, però, Michael non ricambiò la stretta con entusiasmo. Jessica si tirò indietro perplessa, cercando di scrutare il viso di lui, e immediatamente si diede della sciocca.

Lo sguardò che lui le lanciò fu sufficiente: l’ammonì a trattenere ulteriori entusiasmi.

Non erano più due ragazzini: lei ormai era una donna, e per giunta la donna che aveva scelto per moglie e aveva studiato buone maniere per tre anni. Che bel modo di fare buona impressione, arrivare a cavallo come una selvaggia, buttarglisi tra le braccia con indosso un orrendo vestito.

«Scusami», abbozzò imbarazzata.

«Non scusarti…», fece appena in tempo a dire Michael regalandole il primo vero sorriso.

«Jessica! Dove sei?», rimbombò la voce di sua madre nelle scuderie.

“Accidenti! A mia madre non è sfuggito l’arrivo al galoppo”, pensò Jessica.

«Sono qui, madre», urlò di rimando alzando gli occhi al cielo.

Quando si girò per condividere il momento con il visconte di Crawford, si accorse che non c’era più. Con sua gioia, quando la madre svoltò l’angolo in una nuvola d’organza beige, al seguito c’era anche suo padre, che nonostante fosse il conte di Baker era molto più bonario nei confronti dei suoi eccessi.

«Ma come sei conciata? Sembri un’istitutrice povera!», esclamò sua madre inorridita.

«Madre, padre», fece la riverenza Jessica, «l’abito purtroppo è stato scelto dalla direttrice che non ha dato modo a Mariette di portare a compimento i vostri ordini», mentì come concordato con la domestica.

«Se non altro questo sarà l’ultimo obbrobrio che ti vedremo indosso grazie a quella donna», disse sua madre indirizzandola verso la casa.

Fu immediatamente avvolta da un turbinio di pettegolezzi: sua madre aveva partecipato alla stagione che si era chiusa poco più di un mese prima e non faceva altro che elencare la brutta figura di questa o quell’altra debuttante, rammentandole quanto fosse fortunata ad aver ricevuto una proposta di matrimonio ancora prima del suo debutto in società. A differenza di quanto Jessica avesse immaginato, sua madre la pilotò immediatamente verso la sala da pranzo.

«Madre, preferirei cambiarmi prima di cena», la interruppe Jessica sulla soglia.

«Oh, cara bambina, capisco che tu non veda l’ora di toglierti questo straccio di dosso, ma questa sera a cena saremo solo noi quattro. È importante che tu vada a risposare presto e sia in perfetta forma per il pranzo di domani, quando riceveremo il tuo futuro sposo e programmeremo la data di fidanzamento e dalle nozze», rispose sua madre risoluta.

La cena si svolse in assoluta tranquillità, a Jessica parve assurda tutta la pantomima che aveva messo in piedi la madre per il suo futuro sposo. Era ovvio chi fosse, ma per quieto vivere decise di lasciarla fare.

Giunta nella sua camera da letto, quando Mariette se ne andò dopo averla aiutata a spogliarsi, si accorse di quanto fosse stanca e si lasciò andare a un pacifico sonno ristoratore, nell’attesa di poter finalmente rivedere Michael il giorno seguente.

Continua!

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14 thoughts on “Prologo ~ Lady Jessica Bark

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  3. Anche io ho iniziato e ahimè, spero di non essere troppo invadente, dico quello che penso secondo le mie esperienze e vicissitudini. Ho iniziato a leggerla off line, perché come ormai ripeto sino alla nausea non ho più l’adsl da quando sono qui… sigh… quindi se devo fare qualcosa di impegnativo prima off line e poi on line, per quello non partecipo a nessun tag o gioco lungo…. Ma questa storia me la devo leggere ormai!!

    Come primo capitolo è promettente, come dicevi tu non è curato a regola d’arte, e mi riferisco all’impostazione di alcune frasi.
    Una cosa che manca in questo primo capitolo è la tangibilità delle scene, qualcosa che ti faccia sentire li presente.
    In questa frase nello specifico ho trovato che mancasse di corpo, di veridicità: -Quando dal finestrino della carrozza intravide in lontananza i cancelli della tenuta, non riuscendo più a trattenersi, decise di prendere un cavallo e precedere la carrozza da sola.- manca la visibilità di come sia uscito quel cavallo, era a presso? Lo ha staccato dalla carrozza? D’altro canto è descritta benissimo la sensazione di ormoni impazziti tipici di quell’età!

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    • Ciao cara, non ti preoccupare, scrivi pure tutto quello che pensi senza problemi. Come ti spiegavo questo è pubblicato com’è scritto, praticamente rileggo solo per correggere i refusi, penso che a volte mi perdo pure quelli. Ho deciso di scrivere questo romanzo così per far vedere un po’ quello che è il mio stile, ma senza grandi pretese. In realtà speravo che commentasse qualcuno con le sue opinioni proprio per arricchirmi per il futuro. Almeno posso usare i suggerimenti anche quando revisiono altro, non so se mi sono spiegata bene.
      Il primo capitolo sarebbe lungamente da ampliare.

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  4. Ciao ^^ In preda alla curiosità, sono venuta subito a leggere questo primo capitolo.
    Da quello che ho capito questa storia è scritta “di getto” quindi probabilmente non c’è una particolare rifinitura (io amo descrizioni dettagliate sia dei luoghi che introspettive) ma come storia in sè promette bene! Ammetto che molte parti le avrei volute “vedere” meglio, avere il tempo di assaporare meglio i dettagli e lasciarmi trascinare nell’epoca ed è successo solo in parte. Per esempio inizialmente quando hai elencato molti elementi tipici dell’epoca, nel collegio, come le buone maniere o il carnet.. è come se mi fossi sentita “a casa” nel senso che ogni singola cosa che hai detto si rispiecchiava completamente con l’idea dell’epoca e di quello che effettivamente accadeva.
    Non voglio sembrare assolutamente troppo severa ma dato che ci tengo a “sentire sulla propria pelle” un racconto mi è sembrato giusto dirti quello che ho pensato, in modo che tu possa migliorare ^^ Per il resto sei stata davvero molto brava e hai descritto bene il romanticismo dell’epoca ^^
    Spero di avere modo di conoscere ancora meglio i caratteri dei vari personaggi, di entrare meglio nella storia e di lasciarmi trascinare da quest’epoca che amo tantissimo!
    Mi scuso ancora se sono sembrata severa, non era assolutamente mia intenzione, ma già dalla trama iniziale mi sono affezionata alla storia e spero il meglio ^^
    Alla prossima 🙂

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    • Ciao cara, figurati e anzi grazie, come ti dicevo nel commento in cui tu ho risposto è una cosa molto buttata giù alla veloce, le descrizioni ci sono, ma non come piacciono a me. Infatti il mio libro è di 500 pagine word, che tradotto poi in libro formato A5 penso saranno quasi 1000. Lì ho descritto ogni singola cosa, figurati ho creato un mondo immaginario che non esiste. Purtroppo, concentrando tutte le mie energie su quello, al momento questo è solo una bozza!

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      • Lo capisco perfettamente ^^ Sono sicura che quando avrai tempo riuscirai – se vorrai – a dare una “forma” definitiva anche a questo! Comunque come abbozzo è un buon lavoro e si vede che sei competente dell’epoca (io tipo non sopporto molto gli anacronismi) e sai bene come si comportavano le persone all’epoca e questa è sicuramente una cosa importante che non si può imparare da un giorno all’altro!
        Scrivendo, so bene quanto un lavoro ti possa togliere energie e secondo me hai fatto benissimo a pubblicare questa storia, così avrai già uno “scheletro” da cui partire e soprattutto vedi quanto l’idea sia apprezzata o meno 🙂 Anche io sto facendo una cosa simile e credimi, ti capisco alla perfezione.

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