Estratto ~ Il mondo che non vedi ~ Capitolo 4 ~ Una notte per cambiare

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Da quando Matteo aveva chiuso la porta Celine era ancora più tesa. Una volta rimasta sola si accorse che le ombre in casa le sembravano più nere, e che gli eventi accaduti nel pomeriggio la terrorizzavano. Con una certa angoscia, si rese conto che la prospettiva della serata a guardare film in camera con Matteo la spaventava ancora di più.

Si trovò nuovamente a pensare ai suoi baci che si erano fatti più insistenti, e alle sue mani che scivolavano sempre più spesso oltre il consueto abbraccio, non capendo perché si sentisse così profondamente a disagio al riguardo. Forse aveva solo paura di spingersi più in là come tutte le ragazze.

Decise di fare un bagno per rilassarsi, scegliendo i suoi sali preferiti, quelli alla liquirizia: era un aroma che l’aveva sempre attratta profondamente. Dopo si sarebbe anche concessa una bella camomilla calda, magari quella al miele e vaniglia, la sua favorita, e si sarebbe messa a letto a leggere sperando che il sonno sopravvenisse in fretta. Se si fosse fatta trovare addormentata Matteo non l’avrebbe disturbata e forse, nel momento in cui fosse riuscita a lasciarsi alle spalle le stranezze della giornata appena trascorsa, avrebbe anche potuto concedergli una serata romantica.

Dopo il bagno indossò il suo pigiama scompagnato, che trovava confortante, mentre in cucina il pentolino con l’acqua ribolliva come un vulcano: a lei la camomilla piaceva bollente. Spesso, quando se la portava in camera, ormai la tazza era già a metà. Si mise a sorseggiarla tranquillamente, seduta a tavola, quando sentì provenire dalla finestra alle sue spalle uno spiffero gelato.

«Maledette finestre vecchie, continuano ad aprirsi! Mi verrà un accidente!» Esclamò, rivolta a Mercurio, che la aspettava per andare in camera.

Quando si voltò per andare a chiudere i vetri, però, sentì il sangue ghiacciarsi nelle vene. Aggrappato al davanzale c’era un essere stranissimo. Sembrava fatto di polvere ed emetteva versi raschianti: non aveva occhi, bocca o naso. Era come una nube di sporco ed emanava malignità. Si protese verso di lei, quando vi fu un lampo di luce.

Celine si buttò a terra e si coprì il viso, sicura che sarebbe morta. Mercurio, che soffiava come impazzito, improvvisamente tacque e lei, con il cuore in gola pensò che quella cosa gli avesse fatto del male. Era terrorizzata, e non osava alzare lo sguardo, quando, con sua enorme sorpresa una voce gentile le chiese «Stai bene?»

Celine si girò, pronta a scappare ma si fermò impietrita. Di fronte a lei c’era il bellissimo ragazzo che aveva intravisto quel pomeriggio, solo che ora la sua visione le parlava anche.

«Non mi ringrazi? Penso che il mio tempismo perfetto ti abbia appena salvato la vita, sai?». La beffeggiò lui.

Celine lo guardava smarrita. Non riusciva ad aprire bocca, l’unico pensiero che le ronzava in testa era che non poteva essere vero. Lo sconosciuto ora sembrava vestito con abiti normali: portava un paio di anfibi neri, dei jeans e un maglione a collo alto bianco. Continuava a fissarla, quasi divertito, poi pensò al suo abbigliamento e immediatamente diventò rossa dalla vergogna. Lo sconosciuto le parlò di nuovo.

«Non stai impazzendo, sono qui per davvero. Mi chiamo Aidan, e voglio aiutarti». Disse la sua visione, sorridendo incoraggiante.

Celine si decise a rispondere. Giacché era impazzita, tanto valeva godersi la compagnia.

«Sono Celine, ma non capisco perché sto parlando con una visione, o perché io abbia improvvisamente iniziato a impazzire e vedere grosse palle di polvere che vogliono aggredirmi. Dev’essere la punizione estrema per il mio disordine». Disse, senza accorgersi che stava parlando a macchinetta.

«Beh, di complimenti ne ho ricevuti molti, ma addirittura essere definito una visione non mi era mai capitato». Rispose il ragazzo, strizzandole l’occhio con fare malizioso.

Vedendo che lei lo guardava sconcertata senza proferire parola riprese a parlare «Tu non sei pazza Celine, io ci sono. Sto parlando con te. Non lo stai immaginando e, se vuoi, puoi toccarmi». Così dicendo allungò una mano verso di lei, come per presentarsi.

Celine d’impulso la strinse. Sarebbe dovuta essere spaventata a morte all’idea di parlare con un ragazzo che sembrava spuntato dal nulla nella cucina della madre di Matteo, ma l’attrazione che le suscitava la spingeva a fidarsi. Mercurio era stranamente tranquillo, e teneva lo sguardo fisso sullo sconosciuto senza muoversi.

A quanto pareva la sua visione era corporea. Involontariamente arrossì di nuovo, come se non avesse mai stretto la mano a nessuno in vita sua.

«Aidan, hai detto?» Domandò incerta sulla pronuncia.

«Sì, Celine». Rispose il ragazzo sorridendo.

Com’era strano sentire un brivido solo perché questo sconosciuto pronunciava il suo nome.

«Che nome strano». Asserì Celine.

«Strano no, per la nostra gente è un nome comunissimo. Vuol dire “preziosa fiamma”, e nel mio caso è più che azzeccato poiché il mio elemento è il Fuoco».

Per dare più peso alle sue parole estrasse da una sacca appesa in vita un piccolo oggetto di forma sferica, che stava nel palmo di una mano, al cui interno sembrava splendesse un piccolo sole.

«Questo è il mio talismano. Si chiama Ashe, e mi aiuta a evocare il potere del fuoco, Al suo interno vi è una parte infinitesimale dello Spirito Antico del Fuoco. Sulla mia nuca, invece, sotto l’attaccatura dei capelli, puoi vedere il mio tatuaggio».

Con lentezza si raccolse i capelli, e Celine poté vedere un piccolo triangolo con la punta verso l’alto proprio al centro della sua nuca.

Aidan continuò «Il tatuaggio ci viene fatto con degli inchiostri particolari, che contengono anch’essi della polvere appartenente allo Spirito dell’elemento che ci contraddistingue. Nel mio caso il Fuoco».

Celine era stranita «Ma tu chi sei, e perché mi dici tutto questo? Cos’era quell’essere?» Chiese, ancora turbata.

«Sono venuto a cercarti perché oggi hai evocato il potere della Terra. Hai fatto rifiorire un giardino che era completamente morto e, a quanto pare, non ne sei minimamente consapevole». Iniziò, guardandola fissa negli occhi «Non posso farti una colpa di aver usato il tuo potere per uno scopo personale. Noi non possiamo interferire con il mondo che ci circonda o modificarne la natura, ma nel tuo caso mi rendo conto che non hai la minima percezione di che cos’hai fatto». Disse, facendole l’occhiolino di nuovo.

Celine continuava a fissarlo sconcertata, in silenzio.

«Meno male che ho deciso di venire subito. A quanto pare, qualcun altro era già stato incuriosito da te». Proseguì Aidan, come fosse tutto uno scherzo, quasi come fosse normale vedersi apparire la gente in casa, o temere di essere attaccati da cose che non esistono.

«Io non ho fatto niente, sei stato tu! Ti ho visto apparire oggi, e ora vuoi farmi impazzire!» Scattò Celine.

«Celine, io non voglio farti impazzire. Desidero aiutarti a comprendere il tuo potere e a ricongiungerti con la tua gente. Potresti anche fare del male a qualcuno per errore. Potresti, per sbaglio, evocare i tuoi poteri davanti a molte persone e, se qualcuna di quelle creature tornasse a cercarti, potresti nuocere alle persone che ti circondano. La cosa non dev’essere scoperta: gli inops non devono sapere del nostro mondo e della nostra esistenza, né di quella delle creature del Vuoto». Disse Aidan, cercando di tranquillizzarla.

“Che parola assurda” pensò Celine «Chi sono gli inops?» Domandò, di nuovo incerta sulla pronuncia.

«Sono le persone senza poteri, senza mezzi per combattere il Vuoto, in parole povere i semplici umani; noi Guardiani degli Elementi esistiamo per proteggere e preservare l’umanità dai loro attacchi». Rispose Aidan, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

«Tutto questo non ha senso. Fino a ieri ero una persona normale, ora sono una specie di mostro?» Chiese indicando se stessa.

«Tu non sei un mostro, sei speciale. Sei molto più di quello che credi, ed io posso aiutarti a trovare il tuo mondo. Tra parentesi, posso chiederti cos’è questa tua fissazione per gli abiti extralarge?» Domandò Aidan con espressione ironica «anche oggi avevi dei vestiti enormi». Asserì, indicandola.

«Mi prendi in giro?» Disse Celine con indignazione.

«Tu non ti vedi?» Chiese indicandola con gli occhi sbarrati, quasi scioccato.

«Non sono cieca, se è questo che intendi. Mi vedo benissimo, e questi vestiti sono giusti per me». Rispose Celine, stizzita.

«No, non lo sono. Questa è la percezione che dai di te agli altri. Il problema, se non ti vedi, è che questa nostra autodifesa personale per te non è solo una distorsione da usare contro gli umani, ma è la percezione stessa che hai di te». Rispose Aidan tranquillo.

Celine si sentiva bombardata, incapace di credere davvero a ciò che stava accadendo.

«Come hai fatto a trovarmi? E chi mi dice che non sei con quella cosa?» Domandò cambiando argomento.

La discussione sul suo aspetto l’aveva totalmente sconvolta, e non le andava di soffermarcisi ulteriormente.

«Sono tornato al giardino nel chiostro, ma tu ovviamente non c’eri più. Allora ti ho localizzata, utilizzando un orecchino che hai fortunatamente perso. Alla Divisione abbiamo potenti sistemi per svariati scopi, e il mio combaist mi ha aiutato a trovare più rapidamente l’indirizzo tra questo dedalo di stradine che è Venezia». Così dicendo, tirò fuori da una tasca un oggetto che poteva sembrare una bussola, ma che al posto delle direzioni riportava delle parole per Celine incomprensibili. In basso c’era un piccolo display che segnava lo zero, quindi immaginò fosse un rilevatore della distanza che lo separava dall’obiettivo.

«Ascolta, so che tutto questo ti sembrerà assurdo. Ma devi credermi, ti ho appena salvato la vita. Quegli esseri torneranno a cercarti: ti prego, vieni con me alla nostra Divisione. Potrai conoscere altri di noi, vedere con i tuoi occhi…»

In quel momento si aprì la porta, ed entrò in casa Matteo.

«Celine, sei sveglia?» Domandò dall’ingresso.

«Fallo andare a letto, noi continueremo a parlare dopo». Disse Aidan tranquillamente.

«Pensi davvero che andrà a letto? Secondo te, vedendo uno sconosciuto nella cucina di casa sua, se ne andrà a dormire tranquillamente come se niente fosse?» Chiese Celine seccata.

Matteo entrò in cucina.

«Celine, ma con chi stavi parlando?» Chiese stupito.

«Con lui». Disse Celine, indicando Aidan sulla sedia.

Matteo si guardò attorno con aria confusa.

«Celine non scherzare, non è divertente. Ci siamo solo io, te, il gatto e una notevole quantità di cenere sulla sedia». Disse Matteo, indicando la sedia su cui Celine vedeva chiaramente seduto Aidan.

«Cos’hai fatto, Celine? Hai tentato di appiccare il fuoco alla casa?» Scherzò, avvicinandosi Matteo.

Mercurio fece quello che avrebbe volentieri messo in pratica anche lei, scappò verso la sua stanza da letto come un fulmine. Matteo invece le si piazzò di fronte, stringendola tra le braccia, e la baciò.

Anche se Aidan era invisibile agli occhi di Matteo, Dio solo sapeva come, lei sentiva i suoi occhi blu trapassarle la schiena, e avvertì un profondo fastidio all’idea che Matteo la stesse baciando davanti a lui. Non riusciva a spiegarsi le sensazioni che la scombussolavano così tanto da quando questo ragazzo era entrato nella sua vita.

Si divincolò.

«Non sto scherzando!» Esclamò scattando.

«Celine, qui non c’è nessuno. Stai avendo un attacco isterico per colpa del licenziamento?» Domandò pacatamente Matteo.

Celine si girò implorante verso Aidan.

«Perché non ti vede?» Chiese, disperata.

«Perché sono protetto dal mio potere, e posso scegliere a chi mostrarmi. Noi non abbiamo quasi mai contatti diretti con gli umani e, quando li abbiamo, proiettiamo una differente immagine di noi e poi ripuliamo loro la memoria». Rispose Aidan, glaciale.

Matteo la stava già tirando per un braccio.

«Celine, adesso vieni a letto e ti rilassi. Altrimenti chiamo mia madre. Potrei chiederle di mandarci la guardia medica con dei tranquillanti». Disse, in un modo che le sembrava tanto una minaccia.

Celine guardò Aidan implorante.

«Ti prego, aiutami!» Urlò disperata.

Qualcosa cambiò nello sguardo di Aidan, e Celine pensò che stesse per scomparire, ma con sua sorpresa si decise a parlare.

«Non è matta, solo che tu non potevi vedermi». Disse, alzandosi in piedi.

Matteo fece un salto fin quasi al soffitto.

«Oddio! Tu chi sei, e cosa ci fai in casa mia?!» Chiese indietreggiando.

«Io sono venuto ad aiutare Celine. Lei è diversa da tutto ciò che voi pensate, e ha bisogno di spiegazioni. Sono venuto a prenderla per portarla alla nostra Divisione». Spiegò pacatamente Aidan.

«Tu Celine non la porti da nessuna parte! Hai usato delle droghe per farci questo?!» Lo aggredì Matteo.

Aidan sbuffò.

«Io non uso droghe, ho dei poteri, inops! Celine, prendi quella pianta rinsecchita sul davanzale e mostra al tuo amichetto qui cosa sai fare». Disse, imperioso.

«Io non so se sono in grado di fare …» Abbozzò Celine.

«Tu sei in grado di fare molto di più. Prendi quel vaso e concentrati». Le intimò Aidan.

Così Celine, davanti ai due ragazzi, infilò le dita nel vaso dei gerani che la mamma di Matteo puntualmente scordava di annaffiare e, tutto a un tratto, non sapendo nemmeno da dove le venissero quelle parole, iniziò a cantare.

«Gun duilleag frém fraue blātu blàthan duillean fraueyn».

La pianta prese vita e, anche se aveva gli occhi chiusi, Celine sentì le radici che si muovevano tra le sue dita, e avvertì il calore della luce bianca che irradiava sulla pianta, percependo la linfa vitale scorrere nei gambi. Seppe anche quando fermarsi, sempre senza guardare.

Quando aprì gli occhi, la pianta aveva i fiori completamente sbocciati e Matteo la guardava allibito, mentre sembrava quasi che Aidan la guardasse con venerazione.

Doveva togliersi dalla testa quelle fantasie. Quel ragazzo voleva solo evitare che si mettesse a fare magie involontarie davanti alla gente. Probabilmente le avrebbe fatto fare un lavaggio del cervello, e all’indomani non si sarebbe ricordata più nulla di tutto questo. Tuttavia non riusciva lo stesso a reprimere un brivido ogni volta che incontrava i suoi occhi.

«Dovresti aprire un negozio di fiori, Celine». Disse Matteo.

Aidan lo guardò quasi con disprezzo.

«Dovresti tenere la bocca chiusa sulle cose che non sai. Poco fa la tua ragazza è stata quasi uccisa».

Celine li interruppe.

«Basta così!» Esclamò, poi si girò verso Matteo.

«Io devo andare. Ho bisogno di saperne di più, non posso fingere che tutto questo non stia accadendo». Disse decisa.

Matteo la strattonò per un braccio.

«Sei forse impazzita? Dove pensi di andare con questo tizio?» Le chiese, con voce inasprita dalla rabbia.

Aidan le tolse di dosso il braccio di Matteo in un secondo, gli occhi che ardevano.

«Hai una propensione a strattonare la gente che non mi piace per niente. Lei ha detto che vuole venire, e se lo desideri, verrai anche tu. Ma Celine deve conoscere la verità, e ti consiglio di tenere conto del fatto che è stata appena attaccata da una creatura che voleva farle del male». Disse, con uno sguardo glaciale, sfidando Matteo a controbattere. Vedendo che l’altro taceva continuò.

«Bene, ora che abbiamo deciso, ci serve un passaggio. Devo fare una telefonata». Concluse, prendendo un cellulare da una tasca.

Dall’altra parte qualcuno rispose immediatamente, anche se Celine poteva sentire solo ciò che diceva Aidan.

«Mavi, ho avuto un imprevisto. Devi venirci a recuperare fuori Venezia. Arriveremo lì a piedi: trovami con il combaist alle coordinate che t’invio, se necessario». Lo sentì dire risoluto, senza nemmeno aspettare una risposta.

Dopo aver lasciato un biglietto alla madre di Matteo, nel quale la informavano che uscivano e che rincasando non li avrebbe trovati, Celine si cambiò, e poi lei e Matteo seguirono Aidan per le strade di Venezia.

Quando arrivarono ai parcheggi sul limitare della città, trovarono ad attenderli una ragazza in macchina. Era bellissima, e Celine pensò immediatamente che fosse la ragazza di Aidan.

Lui le sorrise.

«Ben arrivata, piuthar». Disse dolcemente.

«Si chiama Piuthar?» Chiese stranito Matteo.

La ragazza lo guardò con aria divertita.

«No, mi chiamo Mavourneen, ma puoi chiamarmi Mavi». E poi rivolta a Aidan «Chi hai raccolto? Ti lascio un attimo solo e trovi sempre un guaio in cui cacciarti? Ad ogni modo, salite». Ordinò senza attendere risposta.

Celine salì dietro e, con sua grande sorpresa, notò che Aidan si era seduto dietro con lei, non lasciando altra scelta a Matteo se non quella di stare davanti con Mavi.

Durante il viaggio Matteo continuava a blaterare, e Celine avrebbe voluto che stesse zitto: faceva un sacco di domande imbarazzanti alle quali solo Mavi rispondeva, mentre Aidan sembrava non ascoltarlo neppure. Stava con lo sguardo perso nel vuoto e si teneva le braccia strette intorno al busto quasi con forza, sembrando tesissimo. Lei non poteva fare a meno di fissarne il profilo bellissimo, ma codarda com’era, lo faceva da dietro i capelli, tenendo la testa piegata in avanti, in modo che le coprissero il viso.

Il risultato fu che quando arrivarono dentro il garage sotterraneo non aveva idea di dove fossero né di come ci fossero arrivati. Scendendo dalla macchina, la prima cosa che notò fu l’abbigliamento di Mavi, e si sentì morire dall’imbarazzo per come doveva apparirle lei.

Ora che la vedeva a figura intera poteva notare che Mavi era alta quasi quanto Aidan, che i suoi capelli erano castani e folti, lunghi fino alle spalle e andavano a incorniciare un volto perfetto. Aveva degli occhi verdissimi, le labbra carnose e un corpo da favola. Era magrissima, quasi androgina, ma risultava lo stesso femminile: vestiva con dei pantaloni neri di pelle attillatissimi infilati dentro ad anfibi con tacchi a spillo. In vita portava un cinturone al quale era agganciato un talismano come quello di Aidan, solo che all’interno del suo sembrava si muovessero delle nubi e ogni tanto saettavano dei piccoli lampi. La camicia, anch’essa nera, era stretta in vita e si allacciava tipo corsetto sotto il seno minuto, la parte superiore costituita da velo bianco, anche se a Celine sembrava un tessuto che non aveva mai visto poiché era coprente e a seconda della luce mandava dei bagliori. Per finire aveva un lungo mantello nero con il rivestimento dello stesso velo della camicia e il cappuccio.

«Ora chi lo racconta a Erskine di questa bella visita a sorpresa, e soprattutto chi sono loro?» Domandò Mavi rivolta ad Aidan.

«Vado io dal Maestro con lei, tu porta lui a fare un giro. Controlla che non vada dove non deve. Lei è attesa da Erskine, non so se te ne ha già parlato. Si tratta della ragazza che ho scoperto oggi a evocare i poteri della Terra». Rispose Aidan.

A queste parole Mavi la fissò.

«Ma non è una di noi!» Esclamò indicandola.

«Lei è una di noi, solo che non lo sa. Stasera l’ha attaccata un alleato di Fàs, un incorporeo per la precisione. Lei non percepiva una sensazione di malessere come tutti gli umani, cui semplicemente succhiano le emozioni: lei poteva vederlo. Ora, se ci vuoi scusare, vado dal Maestro». Terminò Aidan in malo modo.

Celine si sentì mortificata per la sua ragazza, non trovando corretto che la trattasse in quel modo.

Aidan la indirizzò verso una porta, ma Matteo gli piombò dietro come un falco.

«Scusa, ma dove credi di andare con Celine senza di me?» Chiese, strattonandolo per un braccio.

«Senti Matteo, di solito le persone non cercano di trattenermi o strattonarmi, quindi la prossima volta, se ci tieni alla mano, evita di toccarmi. In ogni caso tu non dovresti nemmeno essere qui, e non verrai con noi».

La voce di Aidan adesso tradiva collera, mentre faceva un cenno con la testa alla sua ragazza.

«Mavi, occupati di lui». Le ordinò, trascinando Celine dietro ad una porta che si chiuse alle loro spalle con uno scatto secco.

Celine aveva paura di parlare. Erano in un corridoio di pietra, e si ostinava a non guardarsi intorno spaventata da ciò che avrebbe potuto vedere. Stranamente la luce non sembrava la classica illuminazione artificiale. Aidan dava l’idea di essere di pessimo umore per doversi occupare di “questa faccenda” con lei, e Celine temeva che rivolgergli la parola non fosse una grande idea. Alla fine fu lui a rompere il silenzio.

«Senti, mi dispiace per il modo in cui ho trattato il tuo ragazzo». Disse, pronunciando la parola “ragazzo” con asprezza.

«Mi da fastidio che la gente mi metta le mani addosso, specialmente se non la conosco nemmeno, ma ti chiedo scusa se ti ho infastidita». Terminò ammorbidendo il tono della voce.

Celine lo guardò perplessa, rendendosi conto che non stava minimamente pensando a Matteo. Era talmente confusa da non ragionare più coerentemente, ma non fece in tempo a rispondere che si trovarono di fronte a una porta, e lui riprese a parlare.

«Ascolta Celine, il Maestro Erskine può sembrare burbero, e a volte lo è, ma è una persona con una grandissima conoscenza di tutto ciò che siamo, e sicuramente saprà indicarci il modo migliore per aiutarti». Disse rassicurante.

Celine non poté fare altro che annuire. In fondo era andata lì di sua volontà, e di certo ora non poteva dire che non le andava o scappare a gambe levate.

Quando entrarono nella stanza, non riuscì a fare a meno di guardarsi attorno, ma all’interno l’illuminazione proveniva solo da una stranissima luce da tavolo e non si vedeva molto.

C’era una scrivania massiccia dietro la quale stava un uomo altrettanto imponente, con capelli nerissimi a spazzola e occhi color carbone inquisitori, vestito con un completo bianco che Celine non riusciva a classificare. Non sapeva dire se fosse qualcosa tipo un pigiama o una “tuta da casa”. L’uomo si alzò in piedi quando Aidan si chiuse la porta alle spalle.

«Benvenuta Celine, io sono Erskine e sono a capo di questa Divisione». Disse presentandosi.

«Accomodiamoci sul divano, parleremo meglio. Aidan, immagino che vorrai restare a darci una mano».

Detto questo si spostò, e automaticamente si accese un’altra lampada altrettanto strana che era posata sul tavolino da caffè. Si accomodò, invitando Celine con un cenno a fare altrettanto.

«Ti avevo detto che non volevo inops qui dentro, cosa ci fa qui quel ragazzo?» Domandò rivolto ad Aidan, in tono severo.

Aidan fece al Maestro un riassunto di com’erano andate le cose, lui però non sembrava contento lo stesso.

«Il problema è che ora lui sa che lei è qui, e tornerà a cercarla e ricercarla…»

«Aspettate!» Esclamò Celine, interrompendo Erskine e guadagnandosi un’occhiataccia.

«Matteo non è un problema, lo conosco da diversi anni. Quando sono morti i miei genitori adottivi la signora Sartor, sua madre, mi ha accolto in casa sua come una figlia. Lui non direbbe nulla di tutto questo in giro». Si affannò a difenderlo.

Celine notò che Aidan stringeva nuovamente le mani a pugno, come aveva fatto in macchina, e si chiese quale fosse l’origine di quel gesto. Si domandava se ne fosse lei la causa, irritandolo enormemente ogni volta che apriva bocca.

«Mia cara, anche se pensasse di raccontare qualcosa a qualcuno, lo rinchiuderebbero in manicomio. È il minore dei problemi, il fatto che lui parli o meno». Le disse poi con tono tagliente.

Celine si sentì quasi schiaffeggiata da quel commento condiscendente. Aidan non le aveva ancora mai parlato con quel tono sprezzate. Erskine però interruppe le sue riflessioni.

«Celine, devo farti un paio di domande, se sarai così gentile da rispondere». Disse con cortesia.

“Come se avessi un’altra scelta” pensò, invece disse «Certo, sarò felice di rispondere».

Il Maestro riprese l’interrogatorio piantando gli occhi nei suoi.

«Molto bene. So già cos’è accaduto oggi pomeriggio. Quello che voglio sapere è se fosse mai successo prima, e soprattutto chi erano i tuoi genitori». Disse, accomodandosi meglio sulla poltrona.

Celine si prese un attimo per rispondere: ripensare ai suoi genitori le faceva ancora molto male, e quando parlò, la sua voce non era ferma.

«Non era mai accaduto prima. Oggi, in seguito a un forte stress, mi sentivo come se mi stesse esplodendo la testa. Sentivo una grandissima energia, e ho deciso di recarmi in quella che era la mia casa di famiglia per stare sola. Una volta lì, la desolazione di quel posto tanto amato da mia madre mi ha turbato ed ho sentito il bisogno di infilare le mani nella terra. Il resto è molto confuso». Tentò di spiegare.

«I tuoi genitori avevano dei poteri? Si nascondevano per qualche motivo?» Chiese Erskine con sguardo inquisitore.

«I miei genitori erano i proprietari della villa, due persone non più giovanissime» iniziò Celine «Non sono, però, la loro figlia naturale. Mi hanno adottato in un istituto e non ho mai conosciuto i miei veri genitori. So però che il nome che porto è quello che mi avevano dato loro. Purtroppo i Vendramin sono morti da pochi mesi a seguito di un incidente in barca, e mio padre era sempre stato restio a darmi informazioni sulla mia famiglia d’origine. Mia madre, però, dopo il mio diciottesimo compleanno aveva deciso di dirmi qualcosa, e invece sono morti improvvisamente. Se non mi avesse accolto in casa la madre di Matteo sarei rimasta completamente sola». Riassunse Celine cercando di non perdersi in chiacchiere inutili.

Il maestro la fissò mettendo alla prova il suo sguardo.

«E’ un bene che tu non sia rimasta in un istituto, e che ti abbiano adottato loro, altrimenti saresti stata troppo esposta a numerose persone. E’ strano da dirsi, vista la tua età avanzata, ma pare che tu abbia appena avuto il tuo risveglio». Disse Erskine, suscitandole ancora più confusione.

Celine non capiva di cosa stesse parlando, ed evidentemente il Maestro colse la sua espressione stupita perché riprese.

«Ognuno di noi, sin dall’età infantile, avverte qual è l’elemento con cui ha maggior affinità e inizia ad avere degli involontari episodi di evocazione dello stesso. Logicamente i nostri figli non si stupiscono di questo, vengono già educati sin da bambini nelle nostre scuole e non vedono l’ora di scoprire quale sarà il loro elemento e di ricevere il loro marchio. Successivamente, a seconda della predisposizione personale e di quanta forza ha il loro potere, decidono se diventare curatori, pozionisti, tessitori, alchimisti e via dicendo, oppure laoich, guerrieri, proprio come noi. Ognuno ha una propria strada, e ora mia cara ti aiuteremo a trovare la tua».

Si fermò per vedere se lei avesse qualcosa da dire, ma Celine era troppo confusa per porre altre domande. Temeva una confusione ancor maggiore.

«Aidan mi ha detto che il tuo potere, pur non essendo stata educata, è spontaneo e molto forte. Vista la tua evocazione di oggi, e per di più senza alcun talismano, penso che ci troviamo davanti ad una nuova laoch: solo quelli con i poteri più forti possono avere l’onore di entrare a far parte dei Guardiani degli Elementi». Disse Erskine, guardandola serio.

«C’è un’altra cosa» intervenne Aidan inserendosi nel discorso «lei non si vede, insomma pare abbia usato inconsciamente una delle nostre distorsioni agli occhi degli umani per risultare anonima, ma l’ha proiettata anche su se stessa».

Erskine rise.

«Ah, questo spiega il suo abbigliamento bizzarro. Bene, un’altra cosa da imparare, mia cara. Per stanotte ti fermerai qui, giacché non sarebbe carino farti piombare alla villa a quest’ora, poi da domani ti trasferirai alla Sede di Morwenna. Ti piacerà. Lì potrai allenare i tuoi poteri e scoprire te stessa». Disse bonario, prima di rabbuiarsi «sia ben chiaro, il tuo amico potrà venirti a trovare di tanto in tanto, ma non potrà per alcun motivo restare. T‘invito ad andare a riposare ora e di metterlo a parte di questa cosa non prima di domattina. Stanno riposando tutti qui, e non gradisco scenate notturne. Domani troveremo qualcuno che possa accompagnarti e dedicarti del tempo». Concluse, invitandoli a lasciare la stanza.

Celine assentì in silenzio, la stanchezza che incominciava a farsi sentire. Aveva molte domande da porre, ma nel momento in cui stava per parlare, Aidan le sfiorò delicatamente il braccio. Il suo tocco le provocò un brivido, disorientandola: non capiva queste sensazioni assurde.

«Celine, puoi aspettare un attimo fuori dalla porta? Devo dire una cosa al Maestro, ti raggiungerò subito».

Una volta uscita dalla stanza, Celine si guardò intorno. Il corridoio sembrava scavato nella pietra e c’erano un sacco di porte. Il silenzio era totale, non si sentivano provenire nemmeno rumori dall’esterno. A intervalli regolari, fissate ai muri, c’erano delle applique. Avvicinandosi a una di esse si rese conto che sembravano delle piccole sfere di fuoco, tipo il talismano di Aidan, solo che non sembrava esserci nulla ad alimentarne la fiamma. Come se quella piccola porzione di fuoco fosse intrappolata in quella boccia di vetro. Comprese dunque perché le luci nello studio del maestro le fossero sembrate tanto strane.

Celine era curiosa, si chiese cosa dovesse dire Aidan a Erskine e soprattutto per quanto tempo sarebbe dovuta restare in piedi in quel corridoio. Era una persona paziente e non le dispiaceva aspettare, ma non si sentiva a suo agio in quel luogo sconosciuto.

Fortunatamente non attese a lungo, perché pochi minuti dopo sentì la porta aprirsi di nuovo, e si voltò. Aidan se l’era chiusa alle spalle e si era avvicinato, con un’espressione strana dalla quale Celine non riusciva a capire se fosse seccato, stanco o se invece fosse lei a immaginarsi tutto. Era teso, eppure con voce forzatamente allegra disse «Dai, andiamo a cercare Mavi e Matteo, così potrete dormire».

Mentre camminavano, Celine decise che era il momento di fare un po’ di domande.

«E’ da quando eravamo a casa che voglio chiederti una cosa. Come mai stasera Matteo non ti vedeva, mentre per me eri sempre seduto sulla sedia?»

«In realtà, se ben ti ricordi, oggi pomeriggio nemmeno tu mi vedevi, a parte quando mi sono mostrato per sbaglio. Si vede che i tuoi poteri durante la giornata si sono rafforzati. Matteo, essendo un umano, non mi poteva vedere. Usando il mio elemento, il Fuoco, posso risultare come cenere o altro, a seconda della situazione, e mimetizzarmi. E’ una forma di difesa dagli umani e dai nostri nemici, imparerai anche tu». Rispose esaustivo.

Celine, approfittando del fatto che Aidan sembrava ben disposto a soddisfare le sue curiosità, decise di indagare ancora.

«Non mi hai spiegato cosa ci faceva quell’essere in casa mia. Cosa fate, o cosa siete». Si lamentò, avida d’informazioni.

Lui si fermò di punto in bianco.

«Entriamo qui, o sveglieremo tutti parlando in corridoio». Disse indicando una porta.

Celine lo seguì senza obiezioni. Appena aprirono la porta, le luci ai muri si accesero, rischiarando quello che sembrava un piccolo salotto. Aidan si sedette sul divano e lei prese istintivamente posto accanto a lui, non capendo come mai si sentisse come una falena che ronza intorno a una luce. Forse era il suo bisogno di sapere qualcosa in più, ma iniziando a parlare, Aidan interruppe i suoi pensieri.

«Cercherò di essere breve. Non posso farti una lezione di storia sulle nostre origini in piena notte, ma ti dirò quanto basta per chiarirti le idee».

La guardò aspettando che lei assentisse e continuò.

«Molti secoli fa tutti e Cinque gli Spiriti degli Elementi e le Due maggiori Forze Cosmiche, Odio e Amore, erano riuniti in un tutto omogeneo, lo Sfero, il regno dove predomina l’Amore. A un certo punto, sotto l’azione dell’Odio, iniziò una progressiva separazione degli Elementi, e fu così che essi si divisero per andare ai quattro lati del Mondo: Nord, Sud, Ovest, Est. Il Quinto Elemento, il Vuoto, si collocò al Centro della Terra pronto ad assorbire tutte le cose che non dovevano essere. L’azione dell’Odio non era ancora distruttiva, fintanto che gli si opponeva la forza dell’Amore, in un equilibrio alternato che determinava la nascita e la morte delle cose, riflettendosi in modo equo sul nostro mondo».

Aidan s’interruppe.

«Fin qui mi segui?» Chiese, per essere certo che lei non perdesse pezzi importanti.

Celine era rapita. Quando parlava di queste cose, Aidan sembrava sereno e a suo agio. Assentì semplicemente, non volendo fare domande che potessero interrompere il racconto, e quindi Aidan proseguì.

«Gli Spiriti degli Elementi fondarono ai quattro lati del mondo i loro regni, invisibili agli umani, dove ogni elemento animò il suo popolo: a Sud i Custodi del Fuoco, a Nord i Sorveglianti dell’Aria, a Ovest i Guardiani della Terra, a Est i Protettori dell’Acqua ed al Centro della Terra prese posto il Vuoto con i suoi Padroni delle Ombre. Ognuna di queste forze tentava disperatamente di tenere l’Odio sotto controllo, spedendo tutte le cose che non dovevano essere al Centro della Terra, in custodia ai Padroni delle Ombre. L’equilibrio venne per qualche tempo ristabilito, ma l’Odio, a un certo punto, prese il sopravvento sull’Amore e ne annullò l’influenza: fu così che si giunse al Caos. Il Vuoto, ormai saturo della corruzione dell’umanità, parlò con gli altri Spiriti, suoi fratelli e sorelle, e disse che il mondo non aveva motivo di esistere così com’era, che l’umanità era tutta corrotta e selvaggia e andava distrutta. Voleva annientare tutta l’umanità e prendere il dominio della Terra, generando una nuova razza, a sua immagine e somiglianza. Tentò di convincere gli altri Spiriti che in quel luogo tutto sarebbe stato prospero e senza prevaricazioni, ma loro si opposero. L’equilibrio non poteva essere stravolto, loro dovevano mediare ai mali della Terra senza però influire sul libero arbitrio o porre fine all’umanità, altrimenti avrebbero interrotto il processo ciclico perpetuo. Lo spirito del Vuoto però non voleva desistere dal mettere in atto i suoi piani, e per quel motivo gli altri Spiriti furono costretti a intrappolarlo. Il loro sforzo fu pagato a caro prezzo: la magia che avevano usato si rivoltò in breve contro di loro intrappolandoli nelle profondità dei loro stessi Regni sulla Terra».

Aidan s’interruppe nuovamente, e socchiuse gli occhi per riordinare le idee, mentre Celine lo guardava impaziente. Quando lui aprì gli occhi, lo incoraggiò con un sorriso.

«Vai avanti». Disse coinvolta.

«Gli Spiriti erano consapevoli che entro breve sarebbero stati intrappolati a loro volta, e quello fu il motivo che li spinse a decidere di coinvolgere la razza umana, scegliendo tra i migliori. Si rivelarono alle famiglie che vivevano in quella che oggi è ancora la nostra città Capitale, ma che non esiste sulle cartine del mondo umano». Precisò.

«Essi scelsero quelle persone poiché in quel luogo regnava l’armonia tra tutte le cose, e fu così che i nostri antenati conobbero Talamh, lo Spirito della Terra, Teɸnet, lo Spirito del Fuoco, Uisge, lo Spirito dell’Acqua e Adhar, lo Spirito dell’Aria».

Celine era colpita dal modo, così solenne, in cui Aidan pronunciava quei nomi: quella strana lingua, parlata da lui, sembrava un sussurro segreto.

«Gli Spiriti raccontarono ai nostri antenati che il mondo andava risanato poiché si era giunti al Caos. Narrarono loro del sacrificio che avevano dovuto fare per imprigionare lo Spirito di Fàs, Signore del Vuoto, e che presto anche loro sarebbero stati imprigionati. Li resero partecipi della loro scelta: selezionare la loro stirpe tra gli umani per sistemare l’equilibrio nel mondo, dove loro, esseri superiori, avevano fallito. Spiegarono ai nostri antenati che trasformarli in una nuova stirpe capace di attingere al potere degli elementi gli sembrava l’unica possibilità rimasta. Dissero loro che avrebbero dovuto portare solidità dove vi era distruzione, acqua dove vi erano terre aride, abbondanza sulle regioni ricoperte dai ghiacci, ma soprattutto che dovevano vivere in pace con gli umani aiutandoli ad arginare le loro debolezze, senza mai interferire con il libero arbitrio e conducendo una vita separata dalla loro. Mai un Custode degli Elementi si sarebbe potuto mischiare con un inops, un umano senza vista e privo di poteri. Crearono il palazzo dalle quattro torri, dove erano custodite le Armi Sacre che un giorno sarebbero dovute essere utilizzate dai Clann na solus, i Figli della Luce, per distruggere definitivamente il Vuoto. Quando i nostri antenati domandarono agli Spiriti perché non potevano utilizzare immediatamente le armi, gli fu enunciata la Profezia».

Aidan prese un libro dall’aria antichissima, e lo porse a Celine indicandole dove leggere.

Il testo recitava le seguenti parole:

“La virtù di usare le Quattro Armi Sacre andrà guadagnata con il sacrificio e la perseveranza. Noi tramuteremo ognuno di voi in un Custode degli Elementi in grado di comandare un solo elemento, e così saranno i vostri figli e i figli dei loro figli, ma un giorno, quando la razza giungerà quasi allo stremo nella guerra con le forze del Vuoto, nasceranno tra di voi i Prescelti. Voi, evoluzione degli umani, più forti e più puri, pagherete la corruzione della razza con il pegno del sacrificio e della perseveranza, senza ulteriori interventi esterni, fino a risanare il debito dell’umanità. Quando il debito sarà saldato, tra di voi nasceranno i Figli della luce, e li riconoscerete immediatamente. Sulla loro pelle saranno impressi i nostri marchi: per diritto di nascita, essi sapranno governare a loro piacimento tutti e quattro gli elementi e saranno destinati a diventare compagni eterni. Solo loro saranno in grado di usare l’Arco di Fuoco Distruttore, lo Specchio d’Acqua Purificatore, la Falce del Destino della Terra e la Lama d’Aria Purificatrice. Tramite quelle Armi Sacre ci risveglieranno e potranno reclamare il quinto dono, lo Scettro del Vuoto. Quando entrambi i Prescelti impugneranno lo Scettro, libereranno il Vuoto dalla sua prigione risucchiandolo ed eliminando il regno della discordia e della dissoluzione dalla Terra. Solo a quel punto il ciclo perpetuo potrà riprendere, grazie all’amore dei prescelti, che porterà l’umanità di nuovo nella posizione intermedia in cui le due forze cosmiche saranno in equilibrio e daranno vita al nuovo mondo. I Clann na Solus avranno infatti il potere, tramite lo Scettro del Vuoto, di estirpare ciclicamente dal pianeta il male e rispedirlo alla sua fonte primaria, l’Odio. I figli dei Prescelti saranno altresì in grado di garantire la sopravvivenza della vostra razza. Essi potranno usare lo Scettro senza bisogno di essere in coppia, poiché generati dall’amore dei due”.

Celine era rapita dal racconto, che sembrava una storia fantastica come quelle dei suoi libri, ma lo sguardo di Aidan la fece risvegliare dalle sue fantasticherie. Quella purtroppo era la sua nuova realtà, e quella che lui gli stava raccontando era la storia della sua gente.

«Avete mai trovato questi Prescelti?» Chiese dopo una breve esitazione.

Aidan scosse la testa, sembrandole stanco.

«No, e non sono nemmeno sicuro che esistano, o che questa non sia altro che una leggenda per darci la forza di andare avanti».

La sua voce s’indurì.

«Ho preso parte a molte battaglie: quelli come me iniziano presto. Ho visto morire numerosi amici, ma non ho mai incontrato nessuno con dei poteri così grandi, e vale lo stesso per tutti gli altri. Se anche solo una di queste creature nascesse, avrebbe un senso intraprendere i viaggi per recuperare le nostre Armi Sacre».

Celine si sporse verso di lui.

«Non hai detto che erano custodite nel palazzo?» Chiese incerta.

Aidan la fissò.

«Vedo che allora stavi seguendo davvero!» Disse stupito. «Lo erano, infatti, ma ora non ci sono più. Tu però sei molto stanca, e per stasera è abbastanza. Presto conoscerai il seguito, adesso andiamo».

Celine mise il broncio. Era più sveglia che mai e voleva sapere tutto, ma soprattutto si vergognò di un altro pensiero che le attraversò la mente: non voleva che il suo tempo con Aidan finisse. Sapeva che quando sarebbe andata alla Sede non lo avrebbe più rivisto, e non credeva certo che lui sarebbe andato a cercarla.

«Ehi, ti sei addormentata lì? Coraggio, dobbiamo raggiungere gli altri». La riscosse la voce di Aidan.

Di malavoglia si alzò e lo seguì, imboccando un lungo corridoio. Quando svoltarono l’angolo, trovarono Mavi e Matteo a parlottare davanti a una stanza che conteneva al suo interno strani abiti e armature.

Matteo sembrava abbastanza sereno e Celine, da vera codarda, decise che era senza dubbio meglio non rivelargli che l’indomani non avrebbe fatto ritorno a casa con lui. Appena li sentirono arrivare, Matteo distolse subito l’attenzione da Mavi e circondò con un braccio Celine.

«Tutto bene Celine?» Le chiese all’orecchio.

Celine gli sorrise di rimando.

«Tutto a posto, non ti preoccupare. Sto benissimo».

Aidan la interruppe.

«E’ ora di andare a letto, è molto tardi. Vi accompagneremo alle vostre stanze. Vieni Mavi, così, quando arriveremo all’ala maschile, tu potrai continuare con lei».

Mavi sorrise ad Aidan in un modo che provocò in Celine una fitta di gelosia acuta. Sembrava si stessero confidando un segreto con lo sguardo. Dopo un breve tratto Aidan aprì una porta.

«Prego Matteo, fai come se fossi a casa tua. Solo, evita di iniziare a girare: non sei uno di noi, e se incontrassi qualcuno che non sa della tua presenza qui potrebbe non essere piacevole. Domattina ti verrò a chiamare». Disse, facendo cenno a Matteo di entrare.

Matteo era esitante, fissava Celine, e per un attimo lei temette che volesse mettersi a fare storie. Poi, con sua sorpresa, si arrese.

«Buonanotte, allora» Disse piano, e poi in un attimo le prese tra le mani il viso e poggiò le labbra sulle sue. Celine si sentì terribilmente in imbarazzo, al punto che le sembrava quasi di recitare una commedia, e si staccò frettolosamente da lui.

«Buonanotte Matteo». Disse arretrando.

Se Matteo aveva trovato strano il suo atteggiamento non lo diede a vedere. Probabilmente aveva attribuito quella mancanza di slancio da parte sua solo alla timidezza, come in effetti avrebbe dovuto realmente essere.

Ripresero a camminare per i corridoi, ma Mavi si fermò dopo pochi passi.

«Grazie per l’interessante passeggiata, fratello, ma ora se vuoi scusarmi vado a letto». Disse ridacchiando e, dopo avergli scompigliato i capelli, si allontanò .

«Fratello?!» Disse Celine con autentica sorpresa.

«Mavi è mia sorella, o per meglio dire sorellastra, è questo il significato della parola che Matteo aveva trovato tanto strana, piuthar. Vuol dire sorella». Spiegò lui con un sorriso.

«Io pensavo fosse la tua ragazza». Disse Celine prima di riuscire a trattenersi.

Aidan sembrava perplesso.

«Ragazza? No, le ragazze sono per chi ha del tempo da perdere, ed io non ho tempo per queste cose». Rispose acido.

“Ed eccoti servita, sei solo una perdita di tempo”, pensò Celine.

Preferì tacere e non chiedere altro. Non riusciva a interpretare i cambiamenti d’umore di Aidan: sembrava gentilissimo in un primo momento, per diventare quasi irascibile subito dopo.

«Mi hai colto di sorpresa, nessuno mi aveva mai fatto una domanda del genere. Tutti sanno chi è Mavi per me. Noi non stiamo mai con gli umani, e tra di noi sappiamo quasi sempre quali sono i legami che uniscono le persone». Disse Aidan, forse per rompere il silenzio imbarazzato che si era creato.

Celine abbozzò un sorriso.

«Non vi somigliate molto, e poi lei è uno schianto. Se la vedessero i miei compagni di scuola prenderebbero il numerino come in salumeria». Disse scherzando.

«Non c’è nessun legame di sangue tra noi, per questo non ci somigliamo. La famiglia di Mavi mi ha accolto quando ero molto piccolo. Allora vivevamo a Gallaibh». Rispose Aidan, senza aggiungere ulteriori dettagli.

Celine non aveva idea di dove fosse il luogo di cui Aidan stava parlando ed evidentemente lui colse la sua espressione perché riprese «Gallaibh è quello che tutti noi vorremmo chiamare casa, la Capitale dei nostri domini. Molti di noi sono nati nelle Divisioni, o in altre parti del mondo dove ci sono i nostri regni, ma è a Gallaibh che tutti almeno una volta vorrebbero andare. Lì c’è il palazzo con le grandi urne dove giornalmente si rigenera l’essenza degli Spiriti degli Elementi, che utilizziamo per la maggior parte dei nostri abiti, talismani e molto altro ancora. Solo lì puoi ammirare le quattro torri…»

Fece vagare lo sguardo nel vuoto come se potesse richiamare le immagini alla mente e proseguì.

«E’ a Gallaibh che l’erba è di un verde così intenso da sembrare opera di un pittore dalla mano perfetta. Lì puoi sentire l’armonia degli elementi la notte di fronte al lago, il Loch Trìd-Shoilleir, quando l’aria accarezza le sue acque cantando, l’erba si protende dalle rive e, tutt’intorno al suo perimetro, puoi vedere delle piccole torce galleggianti dove arde un fuoco rosso sempre vivo. Ma non posso descriverti la bellezza del luogo, guasterei la tua prima volta con un’immagine precostruita». Terminò Aidan strizzandole l’occhio.

Celine lo guardò sorridendo.

«E’ bello sentirti parlare di casa tua. Si avverte che ami quel posto e questo mi ricorda che l’unica cosa che ho amato davvero in questi anni è proprio Venezia: la laguna, le voci dei gondolieri che chiamano i turisti, le botteghe con le maschere…» Elencò sorridendo.

Aidan ricambiò il sorriso fermandosi poi in mezzo al corridoio.

«Bene, eccoci qui. Spero che la camera sia di tuo gradimento». Disse, aprendo la porta su una stanza molto semplice.

Celine fu colpita dall’arredamento asettico. Un letto singolo con biancheria bianca, un piccolo comodino in legno chiaro a fianco, come anche l’armadio e la cassettiera. La specchiera che sormontava la cassettiera era tonda e senza cornice, sul pavimento di marmo c’era un piccolo tappeto bianco ed anche le tende erano bianche.

«Come mai tutto bianco?» Chiese perplessa.

«Il bianco è il colore che utilizziamo quando siamo a riposo. È una tinta neutra che ci rilassa e riposa anche i nostri poteri, ed è per questo che Erskine era vestito di bianco. Quando non ci alleniamo o non siamo di turno in cerca di dubhar-laoich, i guerrieri ombra, indossiamo sempre la nostra tenuta bianca» fece una piccola pausa, poi sporgendo il braccio nella stanza disse «in fondo a destra c’è il bagno. Domattina troveremo qualcosa di adeguato da indossare per te. Nell’armadio troverai sicuramente delle vesti bianche, indossale pure se ti fa piacere cambiarti. Ora ti auguro la buonanotte Celine, ma se hai bisogno di qualcosa la mia porta è di fronte».

«Scusa, ma prima, parlando con Mavi, non avevi detto che c’erano un’ala maschile e un’ala femminile? Lei non avrebbe dovuto accompagnare me?» Chiese confusa.

«L’ho detto per tenere Matteo lontano da te, o quasi certamente sarebbe venuto a darti il tormento. Dovrai essere molto chiara con lui, o potrebbe diventare un problema».

Così dicendo si voltò, dirigendosi verso la sua stanza. Celine si sentì triste alla prospettiva che forse sarebbe stata l’ultima volta che lo vedeva, e nonostante la risposta secca che le aveva appena dato non poté trattenersi: voleva imprimersi nella mente il suo viso più di ogni altra cosa.

«Aidan». Lo chiamò, quasi sussurrando il suo nome

«Buonanotte, e grazie per tutto». Disse, facendogli un sorriso. Colse sorpresa nella sua espressione, ma poi di nuovo lo vide irrigidirsi.

«Non c’è di che, ora cerca di dormire. È tardi». Rispose secco, chiudendosi la porta alle spalle.

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